Sindacati militari, serve chiarezza: la Legge 119/2022 è la base da cui partire, non un nemico da combattere

Legge 119/2022, un punto di partenza non di arrivo!

Uno dei compiti principali di un sindacato dovrebbe essere quello di essere sinceri nei confronti dei propri tesserati (e non). Lanciare falsi allarmismi solamente per aizzare il personale contro l’Amministrazione così da incentivare l’iscrizione al sindacato non è una strategia che ci piace ed è per questo che abbiamo deciso di utilizzare una politica differente che punta a raggiungere un confronto leale tra tutte le parti in campo, dal militare all’Amministrazione, fino alle istituzioni politiche. 

Tuttavia, non possiamo fare a meno di notare che non per tutti è così: a quanto pare c’è chi ritiene che proclamare promesse impossibili da mantenere, oppure attaccare politica e amministrazione distorcendo la realtà pur di raggiungere il proprio scopo, rappresenti il miglior modo di agire. 

Dal momento che riteniamo che, specialmente con il passaggio da Rappresentanza a Sindacato, il rapporto fiduciario tra rappresentante e rappresentato si può costruire solamente con una chiarezza da ambo le parti, ci preme smentire alcune delle voci che stanno circolando in questi giorni in merito agli strascichi della Legge n. 119 del 2022, ribadendo perché questa norma non solo non deve essere un elemento di preoccupazione ma rappresenta persino il primo passo verso la realizzazione di un modello Difesa più funzionale rispetto a quello attuale. 

L’importanza della Legge n. 119 del 2022

L’Esercito Italiano paga ancora le conseguenze della cosiddetta Legge Di Paola (n. 244 del 2012) che così come confermato dal Generale Lunardo, Capo del Primo Reparto dello Stato Maggiore dell’Esercito Italiano, durante una recente audizione presso la Camera dei Deputati, “ha impedito una crescita adeguata dell’Esercito e ha ostacolato la sua professionalizzazione”.

A tal proposito, non si può non apprezzare quanto fatto con la promulgazione della Legge n. 119 del 2022, con la quale viene introdotto un modello di Difesa “rinnovato che mira alla professionalizzazione del personale in divisa, grazie anche alla proroga fino al 2034 del termine per la riduzione delle dotazioni organiche dello Strumento militare terrestre a 89.400 unità. 

 Gli obiettivi da raggiungere sono ambiziosi, a partire dall’abbassamento dell’età media dei militari e all’impegno di garantire la disponibilità di figure specializzate che sono essenziali per lo sviluppo di un Esercito moderno in grado di affrontare le sfide future. 

Attenzione agli attacchi strumentali (e non collegati alla realtà)

Non bisogna dare credito a chi invece pone dubbi sull’importanza di questo riferimento normativo con argomentazioni che poco hanno a che vedere con la realtà dei fatti. Perché parlare di “invecchiamento quando in realtà l’obiettivo è completamente l’inverso? Che senso ha fare battaglie contro uno strumento che di fatto rappresenta la base su cui costruire? Con questo non significa che c’è poco da fare, anzi: noi stessi abbiamo già fatto presente all’Amministrazione quali sono i punti sui quali bisognerà lavorare. 

Ad esempio, è un bene che la riforma abbia introdotto le nuove figure dei Volontari in Ferma Iniziale e Temporanea, in quanto rappresentano il futuro dell’Esercito: solamente puntando sui giovani, infatti, si può dare la possibilità ai militari più anziani di assumere incarichi che non richiedono un’eccessiva forza fisica, in modo da supportare le operazioni sul campo. Nonostante ciò l’età media nell’Esercito resta ancora molto alta e per quanto la nascita delle nuove figure contribuirà a risolvere questo problema bisognerà fare di più per tutelare il personale anziano: ad esempio, ASPMI ha suggerito di attivare alcuni istituti che favoriscono la fuoriuscita del personale, come la collocazione in Ausiliaria e l’impiego presso altre Amministrazioni

Serve inoltre innalzare la prontezza operativa dell’Esercito Italiano, al momento pari al 65% visto che risente dell’innalzamento dell’età media e delle disposizioni legislativa che regolano la gestione del personale, e per farlo sarà necessario intervenire anche su welfare e benefit per il personale

Tutto, quindi, è migliorabile e l’obiettivo di ASPMI è proprio questo. Ma non significa che bisogna attaccare tutto e tutti solamente per il gusto di acquisire più tesserati: un approccio del genere conferma che non si è compreso quello che un sindacato dovrebbe effettivamente fare, a partire dalla capacità di intraprendere un confronto costruttivo, e soprattutto leale, che è alla base di ogni risultato

Questo articolo non vuole riprendere chi recentemente ha posto dei dubbi sui futuri Decreti della Legge n.119 che coinvolgeranno anche i nuovi Volontari in Ferma Temporanea.

ASPMI si affianca alle richieste avanzate in merito al coinvolgimento, da parte dell’Amministrazione, delle Sigle Sindacali rappresentative per la stesura dei futuri decreti discendenti.