Come ASPMI stiamo seguendo con attenzione l’evolversi della proposta di legge presentata in Commissione Difesa dalla Lega, che prevede l’istituzione di una riserva ausiliaria dello Stato fino a 10mila unità.
Un progetto che mira a selezionare, su base volontaria, ex militari congedati da poco, pronti a intervenire in caso di gravi emergenze, crisi internazionali o necessità operative interne.
Si tratta di un’ipotesi che, se ben strutturata, potrebbe anche rafforzare il sistema difensivo nazionale, rispondendo a un’esigenza reale di integrazione delle capacità già esistenti nelle Forze Armate.
Cosa prevede la proposta di legge sulla riserva ausiliaria
Nel dettaglio, il disegno di legge depositato dalla Lega in Commissione Difesa prevede la creazione di una riserva ausiliaria dello Stato, composta da un massimo di 10.000 unità, articolate in nuclei operativi regionali e poste sotto la responsabilità delle autorità militari.
La riserva sarà costituita, in via prioritaria, da ex militari volontari in congedo, i quali potranno aderire su base volontaria per una durata iniziale di 5 anni, rinnovabile. Questi riservisti potranno essere mobilitati dal Governo in tre casi principali: in tempo di guerra o crisi internazionale, in situazioni di emergenza nazionale (ad esempio per calamità naturali), oppure per attività logistiche, di supporto e cooperazione civile-militare, anche in affiancamento alle Forze di polizia.
Il testo prevede inoltre che l’attivazione della riserva debba essere comunicata tempestivamente alle Camere, che avranno 48 ore per autorizzarne o respingerne l’impiego.
Il modello di riferimento citato nel disegno è l’Austria, che dispone di una riserva attiva con addestramento annuale obbligatorio e compensi fissi per i volontari. In Italia, una soluzione simile prevederebbe anche un’indennità annua per i riservisti, ma i dettagli sono ancora da definire.
È inoltre prevista la possibilità di impiegare la riserva non solo in contesti operativi, ma anche per compiti civili, sociosanitari o logistici, come auspicato da alcune forze parlamentari. Resta però centrale la scelta del Governo su quale modello adottare: uno orientato alla sicurezza territoriale, oppure a una funzione prevalentemente civile? È su questo punto che si giocherà il vero equilibrio della riforma.
Il parere di ASPMI
In questo senso, riteniamo fondamentali le dichiarazioni del Ministro della Difesa Guido Crosetto, il quale nelle scorse settimane si è soffermato sulla finalità del provvedimento.
I riservisti non dovranno essere impiegati come combattenti in prima linea, ma come forza di supporto alle unità regolari, in particolare nei settori logistici e nelle emergenze civili. Riteniamo si tratti di una visione coerente con i bisogni reali del nostro tempo: protezione del territorio, capacità di intervento rapido in caso di alluvioni, terremoti, minacce ibride e cyber.
E non solo: perché se questa riserva saprà attingere non solo a ex militari, ma anche a competenze civili specialistiche, come medici, tecnici e operatori IT, potrà realmente rappresentare un valore aggiunto per la sicurezza collettiva e l’efficienza operativa.
Pertanto, come ASPMI, siamo favorevoli a questa prospettiva: riteniamo che una riserva ben organizzata potrebbe anche favorire una migliore gestione del personale militare, alleggerendo il carico sui reparti e consentendo, in alcuni casi, di avvicinare i colleghi alle proprie realtà territoriali.
Non va inoltre sottovalutato il potenziale ruolo sociale di una simile iniziativa, che potrebbe diventare un ponte tra comunità e Forze Armate, rafforzando la coesione e il senso civico.
Ma ovviamente restiamo in attesa di conoscere i dettagli della proposta definitiva e la linea che il ministro intende adottare: solo allora, infatti, potremo esprimere un giudizio definitivo.