Come ASPMI riteniamo doveroso riconoscere che il Ministro della Difesa, Guido Crosetto, in questi anni, ha dimostrato una vicinanza onesta e soprattutto costante nei confronti del personale militare, come dimostrano i comportamenti quotidiani, la disponibilità all’ascolto l’attenzione verso le esigenze di chi, ogni giorno, indossa l’uniforme.
Un atteggiamento confermato da numerosi episodi che testimoniano sensibilità e rispetto per il ruolo del personale militare. Tra questi, anche il recente intervento a favore di alcuni volontari, impegnati per ore in posizione eretta durante una cerimonia ufficiale, ai quali è stato concesso un momento di riposo. Un gesto che dimostra come alla guida della Difesa c’è chi comprende il valore umano del servizio.
È anche per questo che ci sorprendono le polemiche sollevate in questi giorni. In particolare, desta perplessità il post con cui la senatrice Ilaria Cucchi ha pubblicamente attaccato il Ministro, basandosi sulle dichiarazioni di una sigla che non è neppure rappresentativa del personale militare. Nel suo intervento, la senatrice ha definito il grido “presente” – fatto pronunciare dai militari durante la Giornata dei caduti nelle missioni di pace – come “un fatto grave” e “lontano dalla democrazia”. Una lettura distorta, che ignora il valore simbolico di quel gesto e ne stravolge il senso. Quel “presente” è stato un modo per ricordare il sacrificio dei caduti e per ribadire che la loro memoria vive in chi continua a servire il Paese. Mettere in discussione questo significato, affidandosi alla posizione di chi non rappresenta i militari, vuol dire trasformare un momento di commemorazione in un’occasione di polemica.
A tal proposito, è importante ricordare che la Legge n. 46 del 28 aprile 2022, la quale ha riconosciuto le Associazioni Professionali a Carattere Sindacale tra Militari, e il successivo D.P.R. n. 42 del 21 febbraio 2023, hanno precisato che possono considerarsi rappresentative soltanto i sindacati che dispongono di un numero adeguato di iscritti, raggiungendo così le soglie minime previste dalla normativa. Chi non soddisfa tali criteri può certamente intervenire nel dibattito pubblico, ma non può essere riconosciuto come voce del personale militare né come interlocutore qualificato del comparto Difesa. Pertanto, basare una critica istituzionale sulle dichiarazioni di realtà che non superano queste soglie significa distorcere il quadro complessivo, offrendo ai cittadini un’immagine falsata del mondo militare.
A tal proposito, come ASPMI riteniamo necessario riportare il dibattito sui binari della correttezza e della responsabilità. Chi intende discutere seriamente delle esigenze delle Forze Armate deve confrontarsi con chi ha titolo per rappresentarle, non con soggetti richiamati solo quando servono a sostenere una narrativa politica. Il rispetto per le istituzioni, per i militari e per i caduti richiede serietà e, soprattutto, consapevolezza.

