Una vicenda sollevata dal Policlinico Militare di Roma, e già attenzionato dal nostro sindacato, riporta al centro dell’attenzione un tema d’importanza: la tutela del personale sanitario in uniforme che ogni giorno è esposto al rischio biologico.
Nel dettaglio, l’oggetto della disputa è l’indennità prevista dal D.P.R. 146 del 1975, Tabella A, Gruppo V-9, un compenso economico aggiuntivo riconosciuto a chi, nello svolgimento delle proprie mansioni, entra in contatto diretto e continuo con agenti potenzialmente pericolosi per la salute.
La domanda che ha animato il dibattito era semplice quanto spinosa: i medici militari con incarichi dirigenziali possono beneficiarne, oppure la normativa li esclude a prescindere dal ruolo operativo che ricoprono?
Durante un’ispezione contabile, infatti, era stato contestato il pagamento di tale indennità ai dirigenti medici, ritenendo che il beneficio spettasse soltanto a impiegati e operai. Da qui il quesito, trasmesso dal Policlinico al Centro Nazionale Amministrativo dell’Esercito, che a quel punto – convinto della legittimità dei dubbi paventati – ha richiesto un chiarimento ufficiale al ministero della Difesa.
La risposta della Direzione Generale per il Personale Militare è arrivata ed è affermativa: anche gli ufficiali medici con ruoli dirigenziali, quindi, hanno diritto all’indennità, a condizione però che svolgano personalmente attività che li espongano in maniera diretta e continuativa al rischio biologico. Un principio che ribadisce la necessità di garantire parità di trattamento: se rischi e mansioni sono gli stessi, non può esserci infatti disparità tra chi indossa un camice in ospedale civile e chi lo fa in un contesto militare.
Si tratta di un’interpretazione evolutiva della normativa, che nel tempo ha esteso l’indennità anche al personale della carriera direttiva, a patto che non percepisca già compensi analoghi per la stessa esposizione. In altre parole, nessuna doppia indennità, ma un riconoscimento coerente del rischio effettivo corso sul campo.
Tuttavia, la Difesa ha puntualizzato ribadendo che questo parere vale esclusivamente per il caso in questione, senza costituire un orientamento generale da applicare indiscriminatamente ad altri contesti o categorie. Un limite che, se da un lato chiarisce la posizione dell’Amministrazione, dall’altro lascia aperta la riflessione su una disciplina che andrebbe aggiornata per dare risposte univoche e strutturate a tutto il personale. Un tema su cui i nostri esperti sono già al lavoro.
Come ASPMI, infatti, riteniamo che questo chiarimento rappresenti un passo importante, arrivato per gran parte per merito del lavoro condotto dal CNA diretto dal Brig. Gen. Massimo Ciampi, che ringraziamo per l’attenzione dimostrata. Riconoscere l’indennità di rischio biologico anche ai medici dirigenti militari significa affermare un principio di giustizia e di tutela per chi, indipendentemente dal grado, mette quotidianamente a rischio la propria salute a servizio della collettività. Ma non basta: questa situazione dimostra che i tempi per l’aggiornamento della disciplina sono maturi, e noi non intendiamo lasciar perdere una tale opportunità.