Il Tribunale di Torino riconosce l’indennizzabilità in ambito infortunistico privato del decesso da Covid, quale causa diretta ed esclusiva

Massima

In assenza di specifica esclusione contrattuale, le infezioni acute virulente che provengono dall’esterno soddisfano la definizione di infortunio e, pertanto, risultano tecnicamente indennizzabili.

Il caso

Agiscono in giudizio gli eredi (moglie e figlio minore) di paziente deceduto a seguito di contagio SARS COV 2, assicurato contro gli infortuni-caso morte presso xxx Assicurazioni.

La Compagnia aveva respinto la richiesta di liquidazione delle somme assicurate avanzata dai beneficiari, deducendo laconicamente la “non indennizzabilità del sinistro denunciato”.

La questione

La questione affrontata nella sentenza in commento è al centro di un acceso dibattito in seno alla giurisprudenza ed alla medicina legale: l’infezione virale da Covid 19 è classificabile come infortunio o come malattia?

Le soluzioni giuridiche

Nella motivazione della sentenza, il Giudice ripercorre i tratti salienti dell’approfondimento clinico e medico legale eseguito dal C.T.U.: “va in primo luogo considerato che, in base alle risultanze della c.t.u. svolta in corso di causa, è emerso in modo incontrovertibile che “le motivazioni all’origine del decesso 24/03/2020 sono da considerarsi conseguenza di una comprovata condizione di “insufficienza respiratoria da SARS-CoV-2”.

L’indennizzabilità, dunque, presuppone che l’infortunio sia causa diretta ed esclusiva del danno.

 Il Giudice, inoltre, osserva che “del tutto condivisibili appaiono a questo Tribunale le conclusioni cui è giunto il c.t.u., nella parte della relazione in cui lo stesso rileva che le prodotte “Condizioni Generali di Assicurazione Infortuni” considerano l’infortunio – come peraltro di regola – un evento dovuto a causa a) fortuita, b) violenta ed c) esterna, in grado di determinare constatabili lesioni che possono determinare come conseguenza anche la morte; (…) Giustamente rileva poi il c.t.u. che nel contratto di riferimento non sono peraltro escluse le infezioni virali – (con la ben nota conseguenza che “tutto quanto non esplicitamente escluso, è incluso”, n.d.r.) così come quelle batteriche, micotiche o parassitarie – e che non sono documentate nel soggetto preesistenti situazioni in grado di facilitare l’insorgenza dell’infezione da SARS-CoV-2 così come la determinatasi sfavorevole evoluzione”.

Sul punto rileviamo come fino ai primi anni 2000 le polizze infortuni prevedevano una specifica esclusione per le conseguenze dirette delle infezioni; successivamente, ridimensionata o addirittura esclusa  la verifica tecnica (medico-giuridica) dei propri prodotti, tali clausole sono state conservate solo da poche compagnie assicurative (le più accorte, a ragion veduta), avendo la maggior parte delle imprese optato per una maggior appetibilità commerciale delle polizze infortuni, come è evidente siano i contratti contenenti meno esclusioni.

L’originaria presenza di tali riserve dimostra una volta di più – seppur indirettamente – la classificabilità dell’infezione virale tra gli infortuni, senza che la loro eliminazione (certamente un azzardo da parte delle imprese, per quanto comprensibile in ottica “commerciale”), possa automaticamente costituire presupposto di non indennizzabilità.

In ultimo, rilevata la regolarità della polizza e l’adempimento degli obblighi da parte del contraente e dei beneficiari della polizza, il Giudice si sofferma sui criteri ermeneutici applicabili al contratto assicurativo, con espresso riferimento al disposto dell’art. 1370 c.c., alla luce della consolidata giurisprudenza di legittimità. Come stabilito dalla Suprema Corte (Cass., 17 gennaio 2008, n. 866) “Le clausole di polizza, che delimitino il rischio assicurato, ove inserite in condizioni generali su modulo predisposto dall’assicuratore, sono soggette al criterio ermeneutico posto dall’art. 1370 c.c., e, pertanto, nel dubbio, devono essere intese in senso sfavorevole all’assicuratore medesimo”.

Ne consegue che le Condizioni Generali di Polizza devono essere necessariamente semplici e comprensibili anche dall’uomo comune (l’assicurato) e, soprattutto, non suscettibili di alterne interpretazioni di ordine  medico legale o giuridico assicurativo; ove ciò avvenga, come si pretenderebbe nella fattispecie (pur nel citato univoco contesto scientifico), l’interpretazione che dovrà inevitabilmente prevalere è quella favorevole al contraente.

La chiosa del Tribunale merita separata menzione: “Sia ancora consentito aggiungere che questo Tribunale sposa, toto corde, le pertinentissime osservazioni autorevolmente svolte dal c.t.u. nei confronti dei puntuti rilievi sollevati dal c.t. della parte convenuta in merito alla bizantina distinzione che si vorrebbe porre tra “infortunio” e “malattia”, quasi che contrarre una malattia non costituisse un infortunio (la cui stessa etimologia latina – in-fortunium – squaderna il riferimento ad un evento sfortunato, malaugurato), ma semmai, allora … un colpo di buona sorte! (…). In conclusione – in assenza di specifica esclusione contrattuale– le infezioni acute virulente che provengono dall’esterno soddisfano la definizione di infortunio e, pertanto, risultano tecnicamente indennizzabili”.

Osservazioni

Con una fermezza di non frequente riscontro, il Tribunale di Torino prende posizione sulla diatriba che, negli ultimi due anni, ha visto contrapporsi gli assertori dell’indennizzabilità (o meno) in ambito infortunistico privato dei danni o del decesso ascrivibili ad infezione da Covid, quale causa diretta ed esclusiva.

Il dibattito prende le mosse dal confronto, in ambito medico legale, sulla classificabilità del processo infettivo come infortunio o malattia, per poi dispiegare effetti di rilevanza assoluta in campo assicurativo.

Ebbene, a discapito di un supposto “sentire comune” che classifica il Covid quale malattia, che – a parere di chi scrive – nessun rilievo assume nella discussione, se non nel rappresentare una credenza popolare, la dottrina medico legale è sostanzialmente concorde nel ritenere che l’infezione virale debba essere classificata tra gli infortuni.

Nella sentenza in esame è stato colto il fulcro del problema tecnico-interpretativo, afferente in via esclusiva all’ambito applicativo medico legale;  il Giudice, infatti, ha correttamente richiamato i consolidati presupposti  scientifici  citati nelle “annotazioni“ del Presidente della Società Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni, Prof. Riccardo Zoia (su questa rivista), che riassumono l’excursus dottrinario nella specifica  materia, sviluppatosi negli anni, pervenendo ad un  consolidato e condiviso inquadramento delle “infezioni“ nel contesto di una condizione lesiva causale definibile quale “infortunio“.

Il Giudice – sulla scorta  di una condivisibile  ed indipendente valutazione  tecnica medico legale dei principi generali in materia assicurativa, fornita dal proprio Ausiliare –  ha correttamente valorizzato tale aspetto, pervenendo ad  una  motivata verifica probatoria  della  “causa di lesione”, cioè l’infezione da Sars Cov 2, rispetto ai presupposti assicurativi che devono inquadrare l’evento indennizzabile nel contesto di una  causa “violenta, esterna e fortuita“, quale condizione di operatività del Contratto; ha contestualmente disposto la verifica della sussistenza, o meno, di oggettivi fattori concausali nel determinismo delle conseguenze di danno indennizzabile.

Dimostra il Giudice di non essere incorso nell’errore concettuale in cui incappa generalmente chi ipotizza che l’infezione sia una malattia e non un infortunio, confondendo il concetto assicurativo di “causa“ (cioè il presupposto dell’evento lesivo) con quello di “effetto“ (cioè la conseguenza della lesione), dimenticando che la verifica di indennizzabilità dell’infortunio (da effettuarsi ai sensi delle  “Condizioni generali di Polizza“ concordate tra le Parti)  inerisce esclusivamente il fattore “causale“, indipendentemente da quali siano la tipologia ed i tempi di manifestazione clinica delle conseguenze (cioè la lesione corporale obiettivabile o la malattia).

Per meglio comprendere tale distinzione si consideri che, come una lesione conseguente ad un violento trauma di un arto inferiore (ascrivibile a causa violenta meccanica e, dunque, ad infortunio) può determinare il riscontro di una frattura del femore, che evolve in una correlata malattia traumatica  fino alla guarigione,  con postumi o meno, analogamente, a seguito di  contagio da parte di un’alta concentrazione  di agente infettivo, quale il Sars Cov 2 (ascrivibile a causa virulenta, cioè analogamente violenta secondo le C.G.A.), possono derivare lesioni corporali obiettivabili (quali la polmonite da Covid) che evolvono in  una malattia infettiva, la quale  può guarire, stabilizzarsi con postumi, oppure condurre al decesso.

Trattasi, dunque, di malattia conseguente ad infortunio, determinato da causa virulenta (violenta, esterna e fortuita).

Altra cosa, naturalmente, è valutare l’indennizzabilità delle conseguenze delle lesioni corporali realizzatesi a seguito di infortunio, ove possano sussistere oggettivi ed efficienti fattori concausali che interferiscano in tutto o in parte col danno indennizzabile.

Il concetto di “malattia” in ambito assicurativo, dunque, è definito in modo assai semplice come “ciò che non è infortunio” o, in altri termini, ciò che non è riconducibile a causa violenta, esterna e fortuita;al contraente non compete, nè importa, conoscere quale sia il meccanismo eziopatogenetico che – violentemente – ha determinato l’infortunio subito

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di TORINO

Quarta Sezione Civile

  1. R.G. 20571/2020

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Giacomo Oberto ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 20571/2020 promossa da:

V.S., in proprio e quale madre esercente la responsabilità genitoriale sul figlio minore G.M., eredi di G.I., nato a Torino il 7.10.1971 e deceduto in Cuneo il 24.03.2020, elettivamente domiciliati in Torino, via G. Casalis 33, presso lo studio dell’avv. Enrico Bracco del Foro di Torino.

ATTORI

contro

(omissis) MUTUA DI ASSICURAZIONI ((omissis)), con il patrocinio dell’avv. SARTORI MARCO, elett.te dom.to presso il proprio legale, in CORSO DUCA DEGLI ABRUZZI, 6, 10128 TORINO.

CONVENUTA

Per parte attrice:

CONCLUSIONI

“Voglia l’Ill.mo Tribunale adito,

contrariis reiectis,

NEL MERITO:

dichiarare tenuta e, per l’effetto condannare la Società (omissis) MUTUA s.p.a., p.i. (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Trento (TN), (omissis) al pagamento, in favore della conchiudente personalmente nella misura del 50%, nonché alla stessa, per conto del minore G.M. nella misura dell’ulteriore 50%, dell’importo di €.100.000,00 (euro centomila/00) così come previsto contrattualmente, o altra diversa  somma  veriore  da  accertare  in  corso  di  causa,  maggiorata  di rivalutazione monetaria dal fatto al soddisfo e di interessi legali, con la medesima decorrenza, sulla somma annualmente rivalutata;

Con il favore delle spese, anche di CTU”.

Per parte convenuta:

“Voglia il Tribunale Ill.mo

Contrariis Reiectis

Salvis iuribus,

NEL MERITO

Rigettare ogni attorea domanda in quanto infondata in fatto e in diritto, respingendo conseguentemente ogni domanda proposta avverso (omissis)

IN OGNI CASO

Col favore delle spese, diritti ed onorari di lite, con maggiorazione in via forfettaria del 15% oltre IVA e CPA, spese di eventuale CTU e CTP e successive occorrende

Fatto

CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE (ARTT. 132, CPV., N. 4, C.P.C.118 DISP. ATT. C.P.C.)

La presente controversia ha ad oggetto le domande presentate dagli attori in relazione ad un contratto d’assicurazione contro gli infortuni a suo tempo stipulato con la convenuta dal dante causa delle odierne parti attrici.

Più esattamente, i fatti rilevanti al fine del decidere vengono così come segue testualmente presentati dagli attori:

“1. TEMPO, LUOGO E DESCRIZIONE DEL SINISTRO

1) In data 7.03.2020 il sig. G.I. di anni (omissis), marito dell’odierna attrice V.S. nonché padre del piccolo G.M. (nato il (omissis)), si recava per la seconda volta presso l’ospedale di (omissis) (TO) per malessere generale, dispnea, forte ipertermia e tosse.

2) Egli veniva accettato in Pronto Soccorso con codice giallo e accompagnato in isolamento per “sospetto Covid 19” (cfr. cartella clinica qui prodotta sub doc.1, pag 3 e segg.).

3) Sottoposto alle radiografie e al tampone nasofaringeo, il G.M. risultava positivo al COVID 19.

4) La diagnosi del verbale di pronto soccorso era infatti “polmonite a focolai multipli in paziente positivo al SARS COV 2” (cfr.pag 5, pag.11, e pag.19 -doc.1).

5) In data 8.03.2020 il G.M. veniva trasferito presso l'(omissis) per mancanza di posti letto disponibili nel nosocomio di Rivoli (cfr.pag.33, doc.1).

6) Egli veniva dunque ricoverato nel reparto “malattie infettive”, dove giungeva vigile e collaborante (cfr. pag.29 e segg. doc.1) e dove veniva posto in isolamento.

7) Nella notte tra il 08/03 e il 09/03-2020 il sig. G.M. peggiorava (dispnea importante, febbre a 39°) e veniva, pertanto, trasferito presso il reparto di “terapia intensiva” (cfr.pag. 36 e segg. doc. 1) per insufficienza respiratoria da COVID 19 (pag. 45, doc.1).

8) Come risulta dalla lettura del “diario integrato” (pag. 141 e segg doc. 1) presso il reparto di anestesia e rianimazione il sig. G.M. rimaneva in terapia intensiva perennemente curatizzato, pressoché costantemente ipertermico, dispneico, analgo-sedato e ventilato; a tratti con tendenza all’ipotensione e con pupille poco reagenti; i suoi scambi respiratori erano sempre scarsi e la diuresi costantemente stimolata (cfr.pag. 141 e segg doc. 1).

9) In data 13.03.2020 il G.M., in condizioni invariate, veniva trasferito presso il reparto “rianimazione” (cfr.pag.151, doc.1), dove continuava ad essere curato sebbene non rispondesse alle terapie; tant’è che si variavano più volte i setting respiratori, si procedeva all’intubazione e si ricorreva, per cercare di moderare l’ipertermia, persino al posizionamento localizzato di ghiaccio e pezze fredde.

10) Alla data del 18.03.2020, nonostante le cure e le terapie, sul diario integrato si legge (cfr.pag.160, doc.1) che il paziente versava “in condizioni cliniche gravissime” e che si osservava un “progressivo peggioramento degli scambi respiratori” già scarsi.

11) Infatti, nella medesima giornata, veniva contattato il centro (omissis) di Torino per presentare il caso e attendere indicazioni su come fare per ottenere un miglioramento dell’ossigenazione (cfr.pag.161, doc.1).

12) In parte l’ossigenazione migliorava, sebbene l’ipertermia restasse invece fuori controllo.

13) In data 19.03.2020 gli scambi respiratori venivano qualificati “pessimi” (cfr. pag. 163-doc. 1).

14) In data 20.03.2020 le condizioni del G.M. venivano definite “molto gravi” e si comunicava “alla famiglia la gravità del quadro clinico” (cfr. pag. 166-doc.1).

15) In data 21.03.2020 il rialzo termico era completamente fuori controllo, nonostante la somministrazione di farmaci e il trattamento con ghiaccio (cfr. pag. 167-doc. 1).

16) Le condizioni venivano quindi definite gravissime, gli scambi respiratori pessimi e l’emodinamica era ormai sostenuta da terapia adrenalinica (cfr. pag. 167 e segg-doc. 1).

17) In data 23.03.2020, invariata l’iperpiressia, il quadro respiratorio peggiorava ulteriormente e la ventilazione veniva rinforzata (cfr. pag. 173, doc. 1), sebbene non ne derivasse alcun beneficio.

18) Alle ore 10,00 del 24.03.2020 le condizioni cliniche di G.M. venivano definite “gravemente compromesse” e alle ore 11,00 si decideva, pertanto, di approfondire la sedazione “a scopo palliativo” (cfr. pag. 175-176, doc. 1).

19) Alle 18,35 del 24/03/2020 il sig. G.I. spirava (doc. 4).

  1. INDIVIDUAZIONE DEGLI EREDI

Il sig. G.I. è deceduto senza lasciare testamento, come risulta dalla dichiarazione sostitutiva di atto notorio redatta dal notaio R.P.C. di Torino in data 17.09.2020 (doc. 5).

Pertanto, succedevano ab intestato gli eredi legittimi:

– V.S., odierna attrice, moglie del de cuius;

– G.M., figlio minore del de cuius, erede autorizzato ad accettare l’eredità paterna con beneficio di inventario in forza del provvedimento del giudice tutelare n. cron. 3897/2020 del 19.05.2020 (doc.6).

G.M. ha conseguentemente accettato l’eredità del padre con beneficio di inventario con atto a rogito notaio R.P.C. rep. n. (omissis) (doc.7).

Essendo l’attivo ereditario di consistenza tale da non superare il valore di €.100.000,00 e non comprendendo lo stesso beni immobili o diritti reali immobiliari, gli eredi non hanno dovuto procedere alla presentazione della dichiarazione di successione ex art.28 co. VII della L. 346/1990 (cfr.doc.5).

  1. IL RAPPORTO CONTRATTUALE G.I./ITAS MUTUA

In data 18.01.2019 il sig. G.I. sottoscriveva con la (omissis) MUTUA, Agenzia di Torino (omissis) – Torino, la Polizza infortuni “PER TE” recante n. (omissis) (cfr. doc. 2), della durata di un anno e soggetta a tacito rinnovo annuale dopo la prima scadenza.

Secondo le previsioni di polizza, “la società garantisce l’assicurato contro gli infortuni per le tutte le somme assicurate, i massimali e le garanzie ivi indicate, per le quali fosse stato corrisposto il relativo contributo netto (cfr. doc. 2, pag. 2)”.

In particolare, a pagina 2 del contratto de quo si legge che per il caso di morte era assicurata la somma di €.100.000,00.

Il contratto in oggetto è regolato, oltre che dalla relativa scheda tecnica2, altresì dalle richiamate condizioni generali di contratto (doc. 3) dove, in particolare, all’art. 12 viene definito l’oggetto assicurato nei termini che seguono:

“L’assicurazione vale per gli infortuni che l’assicurato subisca nello svolgimento delle attività dichiarate nella scheda di polizza e di ogni altra attività che non abbia carattere professionale.

È considerato infortunio l’evento dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna, che produca lesioni fisiche oggettivamente constatabili, le quali abbiano per conseguenza la morte, una invalidità permanente oppure una inabilità temporanea.

Sono compresi in garanzia anche:

  1. L’asfissia non di origine morbosa;
  2. Gli avvelenamenti acuti da ingestione o da assorbimento di sostanze;
  3. L’annegamento;
  4. L’assideramento o il congelamento;
  5. La folgorazione;
  6. I colpi di sole o di calore;
  7. I morsi di animale o le affezioni ad essi conseguenti, le punture di insetti o aracnidi, esclusa la malaria, le malattie tropicali e quelle di cui gli insetti siano portatori sani;
  8. Gli infortuni derivanti da imperizia, imprudenza o negligenza anche gravi;
  9. Gli infortuni subiti a causa di malore o alterazione di coscienza, […]; 10.Le lesioni muscolari determinate da sforzi, quali stiramenti e strappi, le lesioni tendinee di cui all’art 42, la rottura del tendine d’Achille…e le ernie traumatiche […].

2 Nella scheda tecnica è specificato che G.I. era medico- dentista.

Sulla scorta dell’art.21 delle condizioni medesime, poi, “se l’infortunio ha come conseguenza la morte, verificatasi entro due anni dal giorno dell’infortunio stesso […] la Società corrisponde la somma assicurata ai beneficiari designati o, in difetto di designazione, agli eredi dell’assicurato in parti uguali”.

In merito alla normativa da applicare al caso specifico, scaturente dalla previsione di cui all’art. 1882 Cod. Civ., appare evidente che il sinallagma intercorrente tra le due parti prevedeva, per il sig. G.I., il regolare pagamento dei premi, mentre, per la compagnia, l’indennizzo previsto a fronte del verificarsi di uno degli eventi dedotti nel contratto.

Poiché il G.M. ha sempre corrisposto con regolarità il premio a suo carico gravante, soggiace solo in capo alla compagnia convenuta, l’esecuzione dell’obbligazione contrattualmente assunta e corrispondente, nel caso specifico, all’indennizzo, da versare agli eredi, per l’evento infortunistico verificatosi, ossia la morte dell’assicurato.

  1. IL DANNO RISTORABILE

Da quanto deriva dalle previsioni negoziali, pertanto, il danno ristorabile nel caso di specie risulta quello da morte da infortunio per causa fortuita, violenta ed esterna ex art. 12 delle condizioni generali di polizza.

La somma qui domandata, rivendicabile in aderenza alle previsioni contrattuali è pari ad €. 100.000,00 (diconsi centomila Euro/00cent), da devolversi agli eredi dell’assicurato V.S. e G.M. nella misura del 50% ciascuno.

All’uopo, l’attrice riferisce che la compagnia assicuratrice convenuta ad oggi non ha versato alcuna somma, neppure in acconto, nonostante gli avvisi e i solleciti di cui si dirà meglio infra e che d’altra parte non esistono nel caso di specie somme ricevute da terzi ed oggetto di possibile rivalsa.

Ergo l’importo legittimamente domandato corrisponde all’intero importo assicurato, salvi interessi dal dovuto al soddisfo e rivalutazione e salvi eventuali errori od omissioni che ci si riserva di emendare con le memorie istruttorie nei termini all’uopo concedendi.

  1. LA DENUNCIA DEL SINISTRO E GLI OBBLIGHI DELL’ASSICURATO

La sig.ra V.S. ha fatto tutto quanto necessario per ottenere da (omissis) MUTUA il pagamento delle somme assicurate in via stragiudiziale.

Ed infatti, con comunicazione inviata a mezzo PEC dal legale scrivente in data 20.04.2020 l’attrice denunciava il sinistro alla compagnia (doc. 8).

Peraltro, ITAS non riscontrava tale comunicazione, sicché il legale scrivente ha dovuto provvedere ad un sollecito in data 5.05.20(doc. 9).

Solo a questo punto (omissis) rispondeva, in data 14.05.2020, che il sinistro così come denunciato non rientrava nella definizione contrattualmente risarcibile ex art.12 CGA, invitando, ad ogni modo, ad inoltrare la cartella clinica completa (doc.10).

Con invio multiplo del 18.05.20 il legale scrivente trasmetteva via PEC la cartella clinica del sig. G.I. (doc.11).

Con ulteriore comunicazione del 4.06.2020 la ITAS rispondeva ancora una volta adducendo laconicamente la non indennizzabilità del sinistro denunciato (doc.12).

Ancora, a scopo transattivo e deflattivo del contenzioso giudiziario, il legale scrivente invitava ITAS alla stipula di una convenzione di negoziazione assistita (doc.13), cui l’odierna convenuta ha ritenuto di non partecipare (doc.14).

” Rappresentato quanto sopra in fatto, e svolte le proprie considerazioni in diritto, parti attrici hanno concluso come in epigrafe.

Parte convenuta si è costituita, chiedendo il rigetto delle domande delle parti attrici e concludendo come in epigrafe.

Il Tribunale ritiene che le domande delle odierne parti attrici meritino pieno accoglimento.

Va in primo luogo considerato che, in base alle risultanze della c.t.u. svolta in corso di causa, è emerso in modo incontrovertibile che “le motivazioni all’origine del decesso 24/03/20 sono da considerarsi conseguenza di una comprovata condizione di “insufficienza respiratoria da SARS-CoV-2”” (cfr. le conclusioni della relazione di c.t.u. del dott. S.Z.).

Ecco, pertanto, come possono essere descritte le caratteristiche della infezione a seguito della quale il dante causa delle odierne parti attrici (rispettivamente: marito e padre) venne a morire.

Trattasi, come emerge dagli atti causa, di una situazione in cui il G.M. ebbe accesso il 7 marzo 2020 al DEA dell’Ospedale di (omissis) per “progressivo peggioramento della dispnea e febbre elevata dal 3.3.2020” data, questa, di precedente dimissione ospedaliera con diagnosi di bronchite in assenza di apprezzabili “lesioni pleuro-polmonari con caratteristiche radiologiche di attività”.

Riscontrata positività il 7 marzo 2020 per SARS-CoV-2, seguiva trasferimento l’8 marzo 2020 presso l'(omissis) in accertato quadro di “polmonite a focolai multipli”.

Anamnesticamente era segnalato intervento bariatrico nel 2015 e la terapia domiciliare era rappresentata da Esomeprazolo 40mg ed Allopurinolo 300mg.

Per aggravata insufficienza respiratoria vi era trasferimento il 9 marzo 2020 in Terapia Intensiva, intubazione e sedazione.

Nonostante il costante supporto terapeutico e la ventilazione meccanica con “cicli di pronazione”, il decorso era caratterizzato da graduale aggravamento degli scambi respiratori con decesso 24 marzo 2020.

La motivazione all’origine dell’evento morte è da individuarsi, dunque, in una “insufficienza respiratoria da infezione SARS-CoV-2”.

A questo punto va considerato, anche alla luce delle risultanze della esperita c.t.u., se la predetta situazione sia indennizzabile ai sensi delle prodotte “Condizioni Generali di Assicurazione Infortuni”, ove è statuito che “è considerato infortunio l’evento dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna, che produca lesioni fisiche oggettivamente constatabili, le quali abbiano per conseguenza la morte, una invalidità permanente oppure una inabilità temporanea”.

Di conseguenza, nel caso oggetto di valutazione, la domanda da porsi è se l’infezione da SARS-CoV-2 sia da considerarsi evento inquadrabile quale infortunio tecnicamente risarcibile.

Ora, come noto, il SARS-CoV-2 è il nome dato al Coronavirus del 2019 ed è un ceppo non precedentemente identificato nell’uomo. In linea generale i Coronavirus sono virus che circolano tra gli animali ed alcuni di essi infettano anche l’uomo. La trasmissione avviene principalmente tramite droplet ed aerosol da un soggetto infetto che starnutisce, tossisce, parla o respira e si trova in prossimità di altre persone. Le goccioline possono quindi essere inalate o poggiarsi su superfici con cui altri soggetti vengono a contatto e si infettano toccandosi naso, bocca o occhi. Si tratta, in sintesi, di un microorganismo estremamente piccolo che è esclusivamente in grado di replicarsi all’interno delle cellule dei tessuti dell’organismo causandone la distruzione.

In particolare, il virus responsabile della “malattia respiratoria acuta da SARS-CoV-2” entra nell’organismo legandosi all’Enzima di Conversione dell’Angiotensina 2 (ACE2), che è localizzato sulle cellule dell’epitelio polmonare e che ha la precipua funzione di proteggere i polmoni da danni provocati da infezioni e/o infiammazioni. Legandosi ad ACE2 il virus entra nella cellula, impedisce all’enzima di compiere il proprio ruolo protettivo, ed inizia a replicarsi determinando una fase clinica che, in genere, è inizialmente caratterizzata da malessere, febbre e tosse secca.

Una eventuale evoluzione del processo replicativo del virus comporta l’insorgenza di una polmonite interstiziale associata a sintomi respiratori che, al principio, risultano limitati ma che, gradualmente, possono condurre ad una instabilità clinica con insufficienza respiratoria in grado di aggravarsi per fibrosi polmonare da eccessiva infiammazione.

Quanto sopra premesso, del tutto condivisibili appaiono a questo Tribunale le conclusioni cui è giunto il c.t.u., nella parte della relazione in cui lo stesso rileva che le prodotte “Condizioni Generali di Assicurazione Infortuni” considerano l’infortunio – come peraltro di regola – un evento dovuto a causa

  1. a) fortuita,
  2. b) violenta ed
  3. c) esterna

in grado di determinare constatabili lesioni che possono determinare come conseguenza anche la morte.

Ora, analizzando i presupposti previsti per la individuazione del “fatto infortunio” è da prendere atto che l’infezione da SARS-CoV-2 risulta quale condizione determinata, innanzi tutto, da causa fortuita, posto che trattasi di atto assolutamente non volontario.

Si potrebbe qui anche aggiungere che il carattere fortuito della causa è evidenziato dal fatto di essere del tutto estranea ad un’attività consapevole del soggetto infettato, che si è venuto a trovare in sifatta condizione senza sapere in modo alcuno di cosa si trattasse e senza neppure avere la più pallida idea di possibili comportamenti idonei a prevenire l’infezione. Basta considerare in proposito la data in cui l’infezione ebbe presumibilmente luogo, in un momento in cui l’Italia cominciava appena ad “aprire gli occhi”, sbigottita, sull’esistenza di un’epidemia che, in quel momento, si riteneva confinata alla Cina (solo l’11 marzo 2020, come noto, l’OMS proclamò il Covid-19 come “pandemia”).

La causa può inoltre considerarsi “violenta”, in quanto certamente, come rimarcato dal c.t.u., il contatto non è dilatato nel tempo, ma anche, sia consentito aggiungere, in quanto il contatto determina uno stravolgimento violento delle regole naturali della vita di un organismo che si trovi in situazione normale. Così come “violenta” sarebbe, ad esempio, la ferita provocata dalla caduta di un mattone sulla testa di una persona, allo stesso modo ben può dirsi violenta l’infezione di cui qui si discute, con un’alterazione dello stato normale di intere parti dell’organismo (in particolare dell’apparato respiratorio), al punto da causare gravissime sofferenze e, alla fine, addirittura la morte del soggetto interessato.

Infine, la causa è sicuramente “esterna”, proprio perché il virus è un organismo estraneo al corpo umano e che nello stesso viene ad inserirsi proprio quale elemento proveniente dall’esterno: non per nulla il primo e più rudimentale rimedio contro siffatta infezione è costituito dal porto della mascherina, che serve proprio ad evitare il contatto con siffatta causa “esterna”.

Giustamente rileva poi il c.t.u. che nel contratto di riferimento non sono peraltro escluse le infezioni virali – così come quelle batteriche, micotiche o parassitarie – e che non sono documentate nel soggetto preesistenti situazioni in grado di facilitare l’insorgenza dell’infezione da SARS-CoV-2 così come la determinatasi sfavorevole evoluzione.

È quindi da concludere che, in assenza di specifica esclusione contrattuale, l’infezione da SARS-CoV-2 soddisfa la definizione di infortunio contemplata nell’art. 12 delle prodotte “Condizioni Generali” del contratto di assicurazione di cui qui oggi si discute.

A questo Tribunale sembra che le conclusioni di cui sopra possano darsi come assunte e assumibili de plano, alla luce del comune significato dei termini impiegati nelle condizioni generali di polizza.

Sia consentito aggiungere che, nella denegata ipotesi in cui un qualche dubbio dovesse ancora sussistere, verrebbe in pronto soccorso degli attori il disposto dell’art. 1370 c.c., alla luce della consolidata giurisprudenza di legittimità.

Come, invero, stabilito dalla Suprema Corte (cfr. Cass., 17 gennaio 2008, n. 866), “Le clausole di polizza, che delimitino il rischio assicurato, ove inserite in condizioni generali su modulo predisposto dall’assicuratore, sono soggette al criterio ermeneutico posto dall’art. 1370 cod. civ., e, pertanto, nel dubbio, devono essere intese in senso sfavorevole all’assicuratore medesimo. (Nella specie, con riguardo ad un contratto di assicurazione dai rischi di infortunio e malattia, il quale escludeva la copertura per cure dentarie, protesi dentarie e paradentopatie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata con cui era stato negato l’indennizzo per un intervento di chirurgia implantare, resosi necessario in conseguenza di un trauma contusivo all’apparato dentario riportato dal ricorrente a seguito di una caduta, per inadeguatezza dell’indagine sulla volontà dei contraenti secondo le regole fissate dagli artt. 1362 e segg. cod. civ. e in particolare del criterio di cui al cit. art. 1370 cod. civ., ritenendo, peraltro, la S.C. pure insufficiente la disamina, operata dai giudici di merito, delle clausole contrattuali in base alla quale non era stato tenuto conto della “ratio” della detta esclusione e della possibilità di considerare o meno operante la stessa indipendentemente dalla causa che aveva reso necessarie le cure e protesi dentarie).”.

Sia ancora consentito aggiungere che questo Tribunale sposa, tote corde, le pertinentissime osservazioni autorevolmente svolte dal c.t.u. nei confronti dei puntuti rilievi sollevati dal c.t. della parte convenuta in merito alla bizantina distinzione che si vorrebbe porre tra “infortunio” e “malattia”, quasi che il contrarre una malattia non costituisse un infortunio (la cui stessa etimologia latina – in-fortunium – squaderna il riferimento ad un evento sfortunato, malaugurato), ma semmai, allora … un colpo di buona sorte!

Giustamente rileva qui il c.t.u. che nel contesto di una Polizza Infortuni vige tuttora l’equiparazione tecnica medico-legale10 di “causa virulenta” con “causa violenta” e che l’argomento oggetto di valutazione è se una infezione acutamente contratta – virulenta come quella da SARS-CoV-2 – rientri negli eventi indennizzabili nella consapevolezza che l’indennizzabilità deriva dalla combinata interazione del “fatto” e della “conseguenza”, qualora ovviamente quest’ultima soggiaccia alla regola causale diretta ed esclusiva.

Sul presupposto, poi, che “non credo che nessuno dubiti che in Italia vi sia un solo Collega che abbia mai immaginato di indennizzare in Infortunistica privata una polmonite qualificandola quale infortunio e non, piuttosto, malattia” ci si limita a riportare quanto affermato dal Presidente della Società Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni nell’articolo “SARS-CoV-2 ed infortunio nell’assicurazione privata: annotazioni medico legali”:

“Risulta dunque inequivocabile che la dottrina medico legale abbia costantemente considerato un’infezione virale o batterica, sulla cui trasmissione vi sia nozione delle modalità di contagio anche ambientale, ovvero non mediato da energie meccanica, un infortunio a tutti gli effetti, dotato delle caratteristiche della accidentalità, della violenza e dell’esteriorità causali”;

“Non vi è dubbio che un momento infettante, nella massima parte dei casi, per quanto fondato su evidenze scientifiche, rappresenti un ‘preciso e ben circostanziato evento violento, fortuito ed esterno’”; “In considerazione di tali premesse e di un’articolata e costante dottrina medico legale nonché dei suoi sviluppi, deve affermarsi che, ontologicamente, anche nell’ambito della polizza privata contro gli infortuni, prescindendo da qualsiasi condizione o clausola speciale ovvero diversa specificazione contrattuale nonché dalla valutazione medico legale dell’indennizzabilità e della quantificazione delle sue conseguenze, l’evento infettante in sé costituisca, ad ogni effetto, infortunio ai sensi della più diffusa definizione contrattuale dello stesso”.

È poi da aggiungere che, nel caso di specie, non è documentata la compresenza di condizioni patologiche preesistenti all’evento infettivo e che non è presente una clausola contrattuale di “esclusione” di indennizzo.

In conclusione – in assenza di specifica esclusione contrattuale – le infezioni acute virulente che provengono dall’esterno soddisfano la definizione di infortunio e, pertanto, risultano tecnicamente indennizzabili.

Non rimarrà pertanto che procedere alla condanna della parte convenuta al pagamento, favore degli attori, della somma di € 100.000,00 (euro centomila/00) così come previsto contrattualmente, maggiorata di rivalutazione monetaria dal fatto al soddisfo e di interessi legali, con la medesima decorrenza, sulla somma annualmente rivalutata.

Le spese, ivi comprese quelle di c.t.u., seguono la soccombenza e vengono liquidate ai sensi del D.M. 55/2014.

La presente pronunzia è esecutiva ex lege, senza alcuna necessità di apposita declaratoria in dispositivo, ai sensi dell’art. 282 c.p.c., così come modificato dall’art. 33, l. 353/90.

PQM

P.Q.M.

Il Tribunale di Torino, in persona del Giudice Istruttore in funzione di Giudice Unico, definitivamente pronunziando; sul contraddittorio delle parti; contrariis reiectis;

DICHIARA TENUTA E CONDANNA la parte convenuta al pagamento, nei confronti delle parti attrici, della complessiva somma di € 100.000,00 (euro centomila/00) così come previsto contrattualmente, maggiorata di rivalutazione monetaria dal fatto al soddisfo e di interessi legali, con la medesima decorrenza, sulla somma annualmente rivalutata;

CONDANNA parte convenuta al rimborso in favore delle parti attrici delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi € 18.000,00, oltre agli accessori di legge, ponendo definitivamente a carico della parte convenuta per l’intero le spese dell’esperita c.t.u. (e fatta salva la responsabilità solidale delle parti verso il consulente d’ufficio).

Così deciso in Torino il giorno 18 gennaio 2022.