IL MILITARE PUÒ ESSERE PUNITO DUE VOLTE PER LA STESSA MANCANZA? ESISTE CIOÈ IL “NE BIS IN IDEM” NEL DIRITTO DISCIPLINARE MILITARE?

Argomento che può apparire banale ad alcuni ma che, vi assicuro, banale non è affatto perché regna la confusione più totale in materia. Iniziamo col dire che con la locuzione latina “ne bis in idem” (= non due volte sulla stessa cosa) si identifica un principio giuridico che è presente nella (quasi) totalità degli ordinamenti giuridici esistenti, incluso quello militare (per approfondire leggi qui!). In via di estrema sintesi sulla base di tale principio è vietato sottoporre a giudizio, per più di una volta, uno stesso individuo per il medesimo fatto … mi spiego meglio … un giudice (o per quanto ci riguarda, un Comandante militare nell’esercizio del potere disciplinare) non può pronunciarsi due volte su una medesima vicenda e questo avviene:

  • da un lato, a garanzia della certezza del diritto (che mira a creare situazioni stabili e definite), anche al fine di evitare possibili contrasti tra decisioni, nonché lo spreco di risorse che deriva dalla ripetizione (inutile) di attività processuali/procedurali;
  • dall’altro, per scongiurare il rischio di poter essere esposti ad una “persecuzione” teoricamente illimitata da parte dell’autorità che ha il potere di giudicare e sanzionare.

Come è semplice intuire, tale principio opera soprattutto a livello processuale penale [1] ma, per quanto di interesse, sappiate che trova applicazione anche nell’ambito del diritto disciplinare militare: l’articolo 1371 del Decreto legislativo n. 66 del 2010 “Codice dell’ordinamento militare” (cosiddetto COM) stabilisce infatti che “fatto salvo quanto previsto dagli articoli 1365 [2] e 1366 [3], medesimo fatto non può essere punito più di una volta con sanzioni di differente specie [4]”. Ciò significa che il potere disciplinare militare è “one shot”, cioè si consuma perché una volta esercitato (… e non è necessario che sia stata per forza adottata una sanzione disciplinare! [5]) non si può più (ri)esercitare! La conseguenza più evidente di tale principio è che se un soggetto viene punito con una sanzione disciplinare di corpo, poi non può essere nuovamente punito per i medesimi fatti [6] con una sanzione disciplinare di stato (per approfondire leggi qui!). A dire il vero, anche se non è espressamente previsto dal COM, tale principio opera anche tra sanzioni della stessa “specie” (cioè tra più sanzioni disciplinari di corpo o tra più sanzioni disciplinari di stato – per approfondire leggi qui!) e questo si ricava dalla ratio che sottende al principio del “ne bis in idem” nonché, implicitamente, anche dall’articolo 1365 del COM nella parte in cui prevede espressamente che “ogni militare può presentare, in qualunque tempo, istanza scritta tendente a ottenere il riesame della sanzione disciplinare inflittagli, se sopravvengono nuove prove tali da far ritenere applicabile una sanzione minore o dichiarare il proscioglimento dall’addebito […]” [7] … detto altrimenti un provvedimento disciplinare può essere riaperto esclusivamente nel caso in cui vengano addotte nuove prove, tali da rendere opportuna l’adozione di una sanzione disciplinare minore, se non addirittura il proscioglimento del militare dall’addebito (per approfondire leggi qui!).

Ci sarebbe molto altro da dire, ma ritengo sia meglio fermarmi qui.

[1]: articolo 649 del codice di procedura penale – Divieto di un secondo giudizio:“1. L’imputato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale divenuti irrevocabili non può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze, salvo quanto disposto dagli articoli 69 comma 2 e 345. 2. Se ciò nonostante viene di nuovo iniziato procedimento penale, il giudice in ogni stato e grado del processo pronuncia sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, enunciandone la causa nel dispositivo”.

[2]: per quanto riguarda l’“istanza di riesame delle sanzioni disciplinari di corpo” (per approfondire leggi qui!).

[3]: per quanto riguarda il “ricorso gerarchico avverso le sanzioni disciplinari di corpo” (per approfondire leggi qui!).

[4]: cioè sanzioni disciplinari di corpo e sanzioni disciplinari di stato (per approfondire leggi qui!).

[5]: basta solo che un procedimento disciplinare sia stato regolarmente aperto e poi concluso, anche senza l’adozione di alcuna sanzione disciplinare! Ovviamente, la cosa non vale per i procedimenti disciplinari annullati per vizi procedurali eccetera.

[6]: ovviamente perché possa operare il principio del “ne bis in idem” i fatti oggetto del procedimento disciplinare devono essere gli stessi e tale identità, secondo costante giurisprudenza, deve essere “misurata” attraverso quello che emerge dalla “contestazione degli addebiti” che cristallizza il fatto contestato all’incolpato in modo da consentirgli anche di potersi adeguatamente difendere. Sulla base di ciò, sarà nuovo un procedimento disciplinare in cui si contestano all’incolpato fatti nuovi e quindi diversi e ulteriori rispetto a quelli contestati nel precedente procedimento disciplinare.

[7]: l’articolo 1365 del COM riprende i contenuti dell’articolo 121 del D.P.R. n. 3 del 1957 “Testo Unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato”, cioè una norma di riferimento per tutto il pubblico impiego e, sulla base della quale si riconosceva l’operatività del principio del “ne bis in idem” in ambito disciplinare militare prima dell’approvazione del COM, che prevede proprio che il procedimento disciplinare possa essere riaperto se vengano addotte “nuove prove tali da far ritenere che sia applicabile una sanzione minore o possa essere dichiarato il proscioglimento dall’addebito”.

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