DOMICILIO, RESIDENZA O DIMORA?

Ognuno di noi ha un nome in modo da poter essere distinto dagli altri … ma il nome da solo non è sufficiente per individuare inequivocabilmente una persona, ovverosia per renderla legalmente destinataria di diritti e doveri. Ecco che diventa allora necessario sapere anche dove la persona si trovi (permanentemente o solo temporaneamente) … accade cioè che, per evitare incertezze, al “chi” abbiniamo il “dove”. Sebbene domicilio, residenza e dimora coincidano normalmente (ma non necessariamente!) con lo stesso luogo, sappiate che tali termini hanno però significati differenti che vanno a prendere in considerazione i diversi aspetti che legano giuridicamente una persona ad un luogo [1]. Entrando nel tema del post iniziamo col dire che, ai sensi dell’articolo 43 del codice civile, il domicilio è il luogo in cui un soggetto ha fissato “la sede principale dei propri affari e interessi” e che tale nozione differisce da quella di residenza che, invece, è il “luogo in cui la persona ha la dimora abituale“, cioè dove vive abitualmente.

Tanto premesso, vediamo a grandi linee in cosa consistono … ebbene:

  1. il domicilio viene individuato tenendo presenti gli “affari e interessi” della persona (articolo 43 del codice civile) ed è quindi collegato alla precisa volontà del soggetto (anche solo implicita e non espressa) di fissare in un determinato luogo il centro della propria vita di relazione [2] dal punto di vista economico, professionale, politico, personale, affettivo, sociale eccetera. Quanto detto finora riguarda il domicilio “generale” e “volontario”  (che sono la regola), ma sappiate che esistono anche altre tipologie di domicilio, come quello:
  • legale, che ad esempio riguarda il minore d’età, il cui domicilio coincide per legge col luogo di residenza della famiglia (articolo 45 del codice civile);
  • speciale o elettivo, che è quello che viene scelto (o eletto, come si dice in tecnicamente) dalla persona per trattare solo determinati affari (in tal caso l’elezione di domicilio va obbligatoriamente fatta per iscritto – articoli 47 e 1350 del codice civile);
  • digitale, che coincide con quel luogo “virtuale” dove la persona può essere rintracciata, ad esempio, attraverso la posta elettronica certificata iscritta nei pubblici registri.

A differenza della residenza, il domicilio non deve essere normalmente dichiarato ufficialmente (seguendo cioè una qualche procedura definita), anche se in alcuni casi deve essere eletto e comunicato formalmente come accade, ad esempio:

  1. la residenza è il luogo dove la persona ha fissato la sua dimora abituale (articolo 43 del codice civile) e, cioè, dove ha scelto di abitare, con continuità, nell’intimità sua e della propria famiglia. La residenza è quindi quella particolare situazione che lega la persona al luogo dove ha scelto di vivere con continuità e abitualità, cioè in modo duraturo (preciso che la residenza non viene comunque meno se una persona è costretta ad allontanarsi “temporaneamente” per motivi di lavoro, salute, studio eccetera). Si è normalmente liberi di fissare la propria residenza unilateralmente dove si vuole su tutto il territorio nazionale [3] anche se, a volte, tale libertà viene limitata dalla legge come accade, ad esempio, in caso di matrimonio: il codice civile prevede infatti l’obbligo reciproco di coabitazione a carico di coniugi che non sono quindi liberi di scegliere unilateralmente la propria residenza (articolo 143 del codice civile). Ogni persona ha l’obbligo di fissare la propria residenza, registrandola presso l’anagrafe del Comune in cui risiede, attraverso un’apposita dichiarazione scritta. Dato che la residenza produce molteplici effetti come, ad esempio, senza alcuna pretesa di completezza:
  • l’iscrizione nelle liste elettorali;
  • l’accesso ai servizi demografici (per richiedere cioè certificati anagrafici) e sanitari (la scelta del medico di famiglia);
  • definire la competenza del Comune (di residenza) per tutta una serie di incombenze legate alla celebrazione del matrimonio;
  • il “fissare” la competenza territoriale dei Tribunali,

l’Ufficiale dell’anagrafe è tenuto a verificare l’abitualità e la continuità della dimora prima di procedere all’iscrizione nel pubblico registro anagrafico del Comune e per far ciò, normalmente, si avvale della Polizia municipale che esegue i dovuti accertamenti, non altro per evitare che possano essere perpetrati eventuali “abusi”;

  1. la dimora è il luogo dove una persona abita. Tale concetto non ha una particolare utilità pratica … possiamo infatti azzardare col dire che, quando è abituale, serve essenzialmente a individuare la residenza. Anche se non necessita della continuità e dell’abitualità che caratterizza la residenza, la dimora semplice (cioè quella non abituale della quale parlavamo per la residenza) richiede comunque un minimo di stabilità, come può ad esempio avvenire per la casa di villeggiatura che affittiamo per l’estate. Se invece prendiamo in considerazione la situazione che vede, ad esempio, una persona fermarsi per un certo numero di giorni in un albergo … beh … in tal caso non possiamo parlare nemmeno di dimora (semplice) ma, semmai, di mero soggiorno, che è altra cosa ancora.

So benissimo che i tre concetti che ho cercato di esporvi non siano proprio così “istintivi” da comprendere … spero comunque di esser riuscito a chiarirvene almeno gli aspetti fondamentali, anche perché per sapere esattamente quale sia la rilevanza giuridica di domicilio, residenza e dimora in caso di successione, matrimonio, adozione, fallimento, notificazioni eccetera, vi invito come sempre a rivolgervi al vostro avvocato di fiducia che saprà sicuramente entrare più nel particolare in base alle vostre esigenze!

[1]: peraltro, molto spesso, il significato “tecnico” di tali concetti viene stravolto anche da molte leggi. Infatti, accade sovente che i termini domicilio, residenza e dimora vengano utilizzati con un siglificato che non corrisponde a quello del codice civile, creando non poche incertezze. Nel reato di violazione di domicilio (art. 614 c.p.), ad esempio, il termine “domicilio” viene utilizzato in modo “atecnico” per indicare semplicemente il luogo in cui si svolge la vita privata del soggetto.

[2]: al domicilio come luogo di vita privata fa esplicito riferimento l’articolo 14 della Costituzione che lo definisce addirittura “inviolabile“.

[3]: in tal senso l’articolo 16 della Costituzione che stabilisce che:”Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche […]“.

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