Difesa: rinnovo contrattuale. Tra burocrazia e melina, il personale militare rischia di perdere il denaro che gli spetta.

Tira vento di burrasca a Palazzo Vidoni, sede del Dipartimento della Funzione Pubblica. L’origine del clima turbolento non è da imputare al surriscaldamento globale, ma ad un vecchio e consolidato sistema burocratico, duro a morire, sebbene qualsivoglia Ministro si avvicendi sullo scranno si affanni a dire che lo snellimento della macchina pubblica è funzionante. L’oggetto del contendere è il nuovo contratto di lavoro del Comparto Difesa e Sicurezza che a breve vedrà la firma dei sindacati e della rappresentanza militare. Ora, occorrerebbe quantificare il termine “breve” perché abbiamo l’impressione che quel piccolo lasso di tempo diventi invece lungo ed estenuante. Nel fine settimana appena trascorso, infatti, è stata depositata una interrogazione parlamentare in tema di avanzamenti di grado del personale militare, sollevando una questione legata al mancato trattamento economico accessorio a causa di lungaggini burocratiche nel sistema dei conferimenti dei nuovi gradi.
Abbiamo cercato di capire quale nesso posso esserci tra i ritardi negli avanzamenti e il rinnovo contrattuale. Anche se la materia, apparentemente, non rientra nelle dinamiche contrattuali, questa incide negativamente sul salario. Delle due l’una: incide o non incide? Tale nodo rientra o non rientra nelle dinamiche della contrattazione?

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