Il governo italiano si prepara a recepire la direttiva (UE) 2023/2668, approvata dal Parlamento europeo e dal Consiglio lo scorso 22 novembre 2023, che introduce una profonda revisione delle norme sulla protezione dei lavoratori esposti all’amianto. Si tratta di un passo decisivo nella lotta contro una delle sostanze più pericolose mai impiegate in ambito industriale, ancora oggi presente in numerosi edifici pubblici, navi e impianti costruiti prima del divieto del 1992.
Il decreto legislativo in esame preliminare – presentato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – abbassa in modo drastico il limite di esposizione professionale, passando dalle attuali 100.000 fibre per metro cubo a sole 2.000, una riduzione di cinquanta volte che segna una svolta storica nelle politiche di prevenzione e sicurezza sul lavoro.
Ma la riforma non si limita a un aggiornamento tecnico: introduce anche nuovi obblighi per i datori di lavoro, come la valutazione della priorità di rimozione dell’amianto negli edifici e nelle navi e la formazione continua e qualificata dei lavoratori addetti. Inoltre, viene esteso a 40 anni l’obbligo di conservazione delle cartelle sanitarie e della documentazione sull’esposizione, a tutela della salute dei lavoratori anche a distanza di decenni dall’attività svolta.
Cosa cambia con il nuovo limite di esposizione
Come anticipato, la novità più importante introdotta dalla direttiva europea riguarda la soglia massima di esposizione professionale all’amianto, che viene ridotta in modo drastico: da 0,1 fibre per centimetro cubo (equivalenti a 100.000 fibre per metro cubo) a 0,002 fibre per centimetro cubo (2.000 fibre per metro cubo).
Questa riduzione di 50 volte risponde alle evidenze scientifiche più recenti, che hanno dimostrato come anche concentrazioni minime di fibre possano provocare nel tempo gravi patologie tumorali, tra cui mesotelioma pleurico, asbestosi e carcinoma polmonare. L’obiettivo è quindi garantire una protezione più efficace ai lavoratori che, ancora oggi, operano in ambienti dove l’amianto è presente, come nei cantieri di ristrutturazione, nei porti, nelle ferrovie e nei siti industriali dismessi.
Obbligo di rimozione e formazione dei lavoratori
La direttiva prevede che i datori di lavoro debbano valutare e pianificare la rimozione dell’amianto in base a criteri di priorità, tenendo conto del rischio effettivo per la salute dei lavoratori e della popolazione. Non si tratta dunque di un obbligo immediato di bonifica totale, ma di una strategia graduale e mirata, che permetta di concentrare le risorse sugli interventi più urgenti.
In parallelo, viene potenziato il capitolo dedicato alla formazione del personale, che dovrà essere specifica, aggiornata e documentata, con l’obiettivo di garantire che tutti coloro che operano in presenza di amianto conoscano le corrette procedure di sicurezza, i dispositivi di protezione individuale e le modalità di gestione dei materiali contenenti fibre.
Sorveglianza sanitaria e tutela a lungo termine
Un altro punto fondamentale della riforma è l’estensione a 40 anni dell’obbligo di conservazione delle cartelle sanitarie e della documentazione relativa all’esposizione. Questa misura tiene conto del fatto che le malattie asbesto-correlate hanno un periodo di latenza molto lungo, che può superare anche i 35 anni. In questo modo, sarà possibile tracciare in modo più accurato la storia lavorativa dei soggetti esposti e garantire loro, anche a distanza di decenni, il riconoscimento di eventuali malattie professionali e dei relativi diritti previdenziali o risarcitori.