Verso una giusta parità retributiva nella Pubblica Amministrazione: ora tocca al Comparto Difesa e Sicurezza

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Come ASPMI accogliamo con favore l’iniziativa del Governo volta a uniformare il trattamento accessorio dei dipendenti del Comparto centrale della Pubblica Amministrazione, sanando quelle disparità che, a parità di stipendio tabellare, hanno penalizzato per anni chi operava in Ministeri meno “ricchi” rispetto ad Agenzie ed Enti dotati di maggiori risorse. 

Riteniamo, infatti, che si tratti di un positivo segnale importante di attenzione in direzione dell’equità retributiva. Ma ci chiediamo: se è giusto correggere le diseguaglianze nel Comparto centrale, cosa si aspetta a fare lo stesso per il Comparto Difesa e Sicurezza?

Perché l’Esercito Italiano, comparto fondamentale per la sicurezza nazionale e primo per numero di effettivi, deve continuare a subire un trattamento economico accessorio nettamente inferiore rispetto ad altri Corpi militari?

Una disparità che penalizza l’Esercito Italiano

Non solo nel Comparto centrale: anche in quello Difesa e Sicurezza persistono disuguaglianze economiche che non trovano più alcuna giustificazione. A parità di grado e mansioni, un militare dell’Esercito pur avendo lo stesso stipendio tabellare rispetto ai colleghi della Marina, dell’Aeronautica, dei Carabinieri o della Guardia di Finanza, si trova spesso a guadagnare meno. La colpa sta nella differenza che c’è tra le voci accessorie della retribuzione, come le indennità operative o le risorse distribuite attraverso il FESI, ambiti in cui l’Esercito continua a scontare una storica carenza di finanziamenti.

Sono cifre che, sommate su base annua e lungo una carriera intera, determinano un trattamento economico largamente svantaggioso, che incide sul potere d’acquisto, sul benessere del personale e – non ultimo – sull’attrattività della professione militare per le nuove generazioni.

Pertanto, riteniamo necessario, e urgente, avviare un intervento strutturale che coinvolga anche il Comparto Difesa e Sicurezza, a partire proprio dall’Esercito Italiano, oggi il più penalizzato tra tutte le Forze Armate.

Serve un piano che punti all’equiparazione del trattamento accessorio, proprio come è stato fatto per i Ministeri nel Comparto centrale. Se è giusto garantire pari dignità economica tra uffici centrali e agenzie, è ancor più giusto farlo tra militari che condividono rischi, sacrifici e responsabilità.

Come ASPMI, ovviamente, siamo pronti a dare il nostro contributo al confronto, con spirito costruttivo e senso di responsabilità. L’obiettivo deve essere chiaro: colmare il divario economico che penalizza il personale dell’Esercito e garantire un trattamento accessorio finalmente all’altezza del ruolo svolto.

Per farlo, è necessario intervenire in più direzioni. Innanzitutto, occorre incrementare le risorse destinate alle attività operative, per far sì che crescano sia l’operatività che il FESI, colmando un gap ancora oggi presente che si traduce in un’evidente disparità rispetto ad altri Corpi. Allo stesso tempo, bisogna rivedere l’intero impianto delle indennità operative, superando le attuali disomogeneità che premiano alcune Forze a discapito di altre, senza alcuna giustificazione oggettiva.

Fondamentale sarà anche il riconoscimento della specificità del lavoro militare in sede previdenziale, attraverso l’implementazione di una previdenza dedicata, che tenga conto dell’obbligatorietà e della precocità dell’uscita dal servizio. 

Infine, è indispensabile aprire un tavolo tecnico permanente tra amministrazione e rappresentanze sindacali dell’Esercito, per monitorare l’evoluzione del trattamento economico accessorio e correggere in modo tempestivo ogni squilibrio.

Il Governo ha fatto bene a intervenire nel Comparto centrale. Ora chiediamo coerenza e coraggio: estendere lo stesso principio di equità anche al personale dell’Esercito Italiano, da troppo tempo dimenticato. L’equità retributiva tra Forze Armate, infatti, non è solo una questione economica, ma un passo fondamentale per rafforzare la coesione interna, la motivazione e l’efficienza del nostro sistema di Difesa.